Paolo Agaraff

Colofone

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Misteri & Efferatezze: Angiolino dixit

L'occasione fa l'uomo scrittore. Da lungo tempo ricevo inviti a partecipare a tutta una serie di antologie sui temi e per le occasioni più diverse: sovente, se gli impegni lo consentono e l'ispirazione non latita, aderisco con racconti e raccontini. Ricevendo il volume stampato scorro il nome dei contributori dalla A alla Z e spesso, prima ancora del mio, trovo quello del sarcastico e brillante Paolo Agaraff, anch'egli dedito all'arte della storia breve. Frequentando inoltre il mondo dei giochi di ruolo e affini, ho visto ricorrere anche lì il suo nome: raro esempio di scrittore che trae lui stesso da romanzi e racconti i "moduli di gioco" che consentono a gruppi di avventurosi ragazzini e signori di mezza età di interpretarne i personaggi principali, vivendo essi stessi le vicende narrate e solitamente cambiando con creatività l'esito della storia, in una delle più avvincenti forme ludiche che l'Uomo (in questo caso specifico il signor Gary Gygax di Chicago) abbia inventato nel corso del secondo millennio. E non è un caso che nell'opus agaraffiano ricorrano i riferimenti al gioco, che si tratti di azzardose sfide con carte piacentine o del loro moderno equivalente con carte-figurine collezionabili.

Ma benché i destini ludico-letterari miei e di Agaraff si siano spesso incrociati, purtroppo non mi è mai stato dato di incontrarlo nelle varie occasioni sociali, siano esse pubbliche come le presentazioni delle nostre opere collettive o riservate come i simposi letterario- gastronomici della Carboneria Letteraria - confraternita di cui facciamo parte sia io che Agaraff e Pelagio d'Afro, altro interessante scrittore a lui in qualche modo imparentato. Agaraff mi sfugge, forse mi evita. Talvolta, scrutando i volti dei presenti, mi è parso di riconoscere i tratti di questo personaggio ambiguo, se non addirittura terniguo. Ma l'equivoco si chiariva presto: ogni volta si trattava di altra persona che, fattale notare la somiglianza, faceva vaghi cenni con la mano o sollevava lo sguardo alle nuvole come a dire che era solo un mio abbaglio, del tutto immotivato. Paolo Agaraff resta per me un'entità astratta, inafferrabile, al pari di - che so - Woody Allen o Milla Jovovic. Non vi parlerò quindi di Agaraff uomo, che non ho avuto il piacere di conoscere, bensì dell'Agaraff scrittore con propensioni ludiche.

Così potrei limitarmi a scrivere, stando al gioco degli ideatori di questo creatore di personaggi che è in realtà personaggio a sua volta: uno pseudonimo collettivo dietro cui si celano tre talentuosi artigiani della penna e del dado. Sono gli anconetani Gabriele Falcioni, Roberto Fogliardi e Alessandro Papini. Essi operano come un rigoroso collettivo di scrittura in grado di produrre testi perfettamente limati, in cui non è riconoscibile l'intervento individuale. Hanno messo a punto, utilizzano e rivendicano la "tecnica dell'imbianchino", che al contrario di quanto potrebbe far pensare il nome non è una strategia di conquista e annessione di stati confinanti tramite guerra lampo sino a formare un unico Reich. E' invece un procedimento di ripetute revisioni a turno dello stesso testo a più mani sino a renderlo omogeneo, così come le molte mani di vernice apposte a una parete finiscono per fondersi in un unico strato di colore ove è impossibile riconoscere i colpi del pennello. E' così che il trio Agaraff ha scritto e poi dato alle stampe i suoi romanzi: a partire da Le rane di Ko-Samui nel 2003. Gli ha fatto seguito tre anni dopo Il sangue non è acqua, altri quattro anni dopo Il quinto cilindro, altri cinque anni dopo l'antologia che avete nelle mani. Quest'ultima raccoglie una parte dei numerosi racconti che il prolifico collettivo ha pubblicato in questo crescenti intervalli di tempo tra un libro e l'altro: per la precisione tutti quelli che hanno come protagonista Matteo Ponzoni, indagatore dell'incubo.

Ponzoni è un antieroe vero. Dell'eroe byroniano ha solo i tratti peggiori: il rifiuto della società, l'arroganza, la ribellione, il tormento di un passato doloroso, l'esilio in un condominio che cela dietro le ordinarie apparenze ben più di un tremendo segreto di morte. Grazie anche appunto alla presenza di Ponzoni, in eterna lotta contro creature non solo umane che l'uomo della strada ritiene immaginarie ma che infestano davvero il suo mondo: e di più non posso dire, per contratto, dovendo evitare la turpe pratica dello spoiler che condannerebbe questa prefazione ad essere non letta (destino che già di rado attende le prefazioni) bensì spillata con la cucitrice perché non vi cada casualmente l'occhio di chi voglia mantenere intatta la suspense dei gustosi racconti che seguono. Tutti giocati con maestria e grande controllo del linguaggio, fra giochi di parole ed echi di citazioni, in abile equilibrio fra umorismo e horror. Due filoni difficili da affrontare uno per volta, figuriamoci contemporaneamente: eppure i nostri ci sono riusciti egregiamente.

Racconto dopo racconto, il piccolo mondo provinciale dipinto dal trio agaraffiano si delinea e si arricchisce di personaggi più o meno ricorrenti: fornai e necrofori, direttori di discount e personale ospedialiero, pensionati e killer. Alcuni a volte escono di scena, come del resto spesso accade nei racconti dell'orrore, ma lasciano comunque traccia del loro passaggio in uno scorcio della nostra Italia delineato con sempre maggior ricchezza e precisione. In cui l'ultraterreno e il sovrannaturale hanno floride radici e lunghe ramificazioni. Spetta combatterle a Ponzoni, nonostante le sue tare e i suoi problemi di percezione della realtà. E vi riesce perché assieme ai vari difetti ha il raro pregio, lui sì, di riconoscere minacciosi giganti là dove l'ignaro passante vede solo un innocuo Mulino Bianco. Non sono solo le trappole del marketing ad attendere l'incauto che si avvicina. Del resto, mai guardare con troppa attenzione i biscottini che ci vengono offerti: si potrebbero notare sgradevoli tonalità di rosso da far passare l'appetito anche ai più famelici. E a indagare oltre si rischia di scivolare giù per una china senza ritorno. Come quella dal cui fondo mi minaccia ora Ponzoni, offeso per ciò che in queste brevi righe ho scritto di sua madre.

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Andrea Angiolino (nella foto, mentre si chiede perché ha scritto la prefazione e attende la vendetta di Matteo Ponzoni) è una vecchia conoscenza carbonara del vostro Agaraff. Scrittore, inventore di giochi, amico e compagno di avventure.